TITOLO DEL MESE LUGLIO-AGOSTO 2024: “L’ALBA DEI NUOVI DEI. Da Platone ai Big Data” di Andrea Colamedici e Maura Gancitano (Ottobre 2021), pag. 152, Casa Editrice: Mondadori (Strade Blu). Prezzo: 18.00 euro.

Perché leggere questo libro? Andrea Colamedici e Maura Gancitano, filosofi, scrittori e divulgatori di filosofia, nonché fondatori della Scuola di Filosofia Tlon, propongono una loro personale meditazione sulla crisi, sulle incertezze dell’epoca attuale, travolta da quell’acceleratore esistenziale che è internet, che da un lato permette potenzialmente di connetterci al conscio e all’inconscio collettivo di miliardi di persone, dall’altro ci spinge all’ossessione verso il nostro Io. Il futuro appare incerto ed è comune sentirsi abbandonati allo scorrere degli eventi. Lo stile di vita proposto è sempre più insostenibile e la sensazione è quella di trovarsi sperduti nell’abisso. Gli autori si domandano nel libro se altre crisi, altre crepe siano mai avvenute nel passato. Questo tempo è davvero nuovo, è davvero inedito? È mai esistita un’epoca precedente alla nostra in cui sia avvenuto un cambiamento simile? Cosa hanno fatto le persone allora? Possiamo imparare da loro, anche soltanto a non commettere gli stessi errori ?.

Il libro  “L’alba dei nuovi dei” di Andrea Colamedici e Maura Gancitano è incentrato sul concetto di crepa; essere in una crepa significa vivere uno stato precario riguardo al senso della vita, a metà tra un passato che ormai non sembra più in grado di rispondere alle nostre esigenze di senso, ed un futuro, ancora incerto, nebuloso di cui non riusciamo a percepire il suo significato più profondo. E sotto alla crepa ci sta l’abisso e il non scegliere rischia di farci precipitare. Gli autori hanno messo in comunicazione le problematiche esistenziali, le crepe  attuali con quelle vissute nel passato. Il passato è stato pieno di crepe, verosimilmente molte di più di quelle che possiamo immaginare. Ad esempio, crepe importanti furono l’origine della coscienza nell’uomo e il passaggio dalla tradizione orale alla scrittura. Secondo la teoria del “crollo della mente bicamerale” di Julian Jaynes, i popoli antichi non erano dotati di coscienza negli anni precedenti al 1000 a.C. Gli uomini antichi percepivano i loro pensieri come voci divine da ascoltare e seguire, in cui la prima camera cerebrale, la parte decisionale, riceveva e riproduceva il “volere degli dei”, mentre la seconda, la camera cerebrale esecutiva, metteva in pratica quanto le era stato ordinato. Altra crepa nel passato fu sicuramente la comparsa della scrittura, probabilmente avvenuta intorno al 3.000 a.C., che rappresentò una vera e propria rivoluzione mentale, grazie alla quale la parola non venne più solo detta e udita, ma anche vista. L’Iliade, forse la prima opera che possiamo tradurre con sufficiente sicurezza, ebbe dapprima una trasmissione orale (dal 1.230 al 900 a.C.) e venne poi messa per iscritto (900-850 a.C.). L’Iliade è un classico esempio di assenza di coscienza personale, di interiorità, di libero arbitrio. Nell’Iliade erano sempre gli dei, a dettare le linee di comportamento, trasmettendo la loro volontà con le voci, che come allucinazioni uditive, indicavano le vie d’azione alla coscienza umana. Probabilmente, cataclismi naturali, come terremoti e maremoti, furono la causa primaria dell’abbandono della mente bicamerale e della nascita dello stato di coscienza umana. L’uomo, spinto dalla necessità di crearsi una nuova esistenza di sopravvivenza a causa di catastrofici eventi naturali, perse progressivamente la dipendenza dalle voci divine e cominciò a chiedersi da sé cosa fosse il Bene, la Verità, la Giustizia e quale fosse il modo migliore per organizzare la propria vita. Nacque così lo stato di coscienza e conseguentemente la filosofia. Socrate e Platone furono esempi dimostrativi di tale passaggio. Socrate non scriveva, in quanto considerava la verità in perenne e continua trasformazione. Inoltre, udiva ancora il proprio daimon (che d’altro canto gli suggeriva solo cosa non fare e non più cosa fare); invece il suo allievo Platone quelle voci non le sentiva più e cominciò a trascrivere su libri il suo messaggio filosofico orale. Secondo gli autori, come Socrate e Platone videro la scrittura soppiantare l’oralità, così oggi noi, di fronte all’avanzata del digitale, assistiamo ad una rapida trasformazione della comunicazione, del linguaggio, delle strutture sociali e alla nascita di nuovi dei. I “Big Data” possono essere interpretati come “dei in provetta”, capaci di conoscere, prevedere e orientare i nostri desideri, i nostri scopi, i nostri bisogni più profondi, come d’altro canto sa fare “ogni dio che si rispetti”. I social media, a prescindere dal loro ruolo di sede di intrattenimento, rappresentano in fondo il tentativo dell’essere umano di superare il proprio sé personale per creare un nuovo tipo di coscienza collettiva.

Il libro sembra così confermare che la storia dell’umanità è costellata di crepe, in cui situazioni di crisi tra inadeguatezza del passato e incertezza del futuro si sono scontrate più volte, prima di fondersi in un percorso comune. Colamedici e Gancitano ritengono che nei momenti di crisi e di trasformazione, la filosofia non solo può aiutarci a comprendere meglio il presente, rispondendo alle domande più urgenti, ma anche può fornire i mezzi per reinventarlo.